Bias e psicologia, chi crede alle teorie del complotto?

Il coronavirus si diffonde in tutto il mondo continuamente. Alla stessa velocità assistiamo alla diffusione di teorie complottiste, secondo le quali potenti menti e oscuri protagonisti internazionali stanno tramando piani collegati al virus.

 

Una teoria della cospirazione suggerisce che il coronavirus sia in realtà un’arma biologica progettata dalla CIA per stimolare un conflitto con la Cina. Altri sono convinti che alcuni governi del abbiano introdotto il coronavirus come un modo per ricavare profitti da un potenziale vaccino  ( https://www.bbc.com/news/world-52224331 ).

 

Gli stessi Stati Uniti d’America sono stati fondati su una teoria del complotto. Alla vigilia della guerra d’indipendenza, i rivoluzionari sostenevano che una tassa sul tè o sui francobolli non fosse solo una tassa, ma la mossa iniziale di un sinistro complotto di oppressione.

Oggi la democrazia americana è oggetto di nuove teorie complottiste secondo cui le elezioni presidenziali del 2020 sarebbero state truccate.

 

Le teorie del complotto sono davvero più diffuse e influenti oggi?

 

Gli studiosi generalmente concordano sul fatto che le teorie del complotto sono sempre esistite e sempre lo saranno. Nascono dai bias psicologici, che possono spiegare perché sono così floride e così dure da eliminare.

Una volta che qualcuno ha pienamente accettato una teoria del complotto, la ricerca ci dice che è davvero difficile tornare indietro, come afferma Sander van der Linden, uno psicologo sociale dell’Università di Cambridge la cui ricerca si concentra sui modi per combattere la disinformazione

Cialdini lo spiegherebbe con il principio di coerenza secondo il quale le persone sono più disposte a intraprendere azioni coerenti con ciò che hanno fatto in passato, anche se non hanno agito in modo particolarmente ragionevole. Le persone tendono a cercare ciò che le riafferma e che è familiare.

 

Quante sono le teorie del complotto?

 

La ricerca di Joseph Uscinski suggerisce che il pensiero del complotto è distribuito più o meno equamente nel tempo attraverso gli schieramenti politici, con i democratici che diventano più espliciti sulle teorie del complotto quando i repubblicani sono al potere, e viceversa. Senza prevalenza per alcun partito politico.

Molto spesso queste teorie sono riferite alla salute.

Un sondaggio YouGov  ( www.yougov.co.uk  ) del marzo 2019 ha rilevato che il 16% degli intervistati in Spagna ritiene che l’HIV sia stato creato e diffuso in tutto il mondo da un’organizzazione segreta. E il 27% degli intervistati francesi e il 12% britannici sono convinti che la verità sugli effetti dannosi dei vaccini viene deliberatamente nascosta al pubblico.

Gli effetti di queste convinzioni sono sotto gli occhi di tutti in questi giorni e minano la credibilità dei piani di vaccinazione Covid-19.

 

Quando nascono le teorie del complotto

 

La ricerca mostra che le teorie del complotto proliferano durante periodi di crisi nella società, come attacchi terroristici, cambiamenti politici o crisi economica. Le teorie del complotto fioriscono in periodi di incertezza socialmente sfidanti, in cui tutti noi cerchiamo di dare un senso a un mondo caotico che sovraccarica la nostra amigdala e quindi il cervello rettile.

 

Queste sono proprio le condizioni sociali e psicologiche prodotte dal virus, il che spiega la diffusione di teorie del complotto in relazione al coronavirus.

 

I ricercatori hanno dimostrato che le teorie della cospirazione in ambito medico hanno il potere di minare la fiducia nelle autorità mediche, il che può influire negativamente sulla volontà delle persone di proteggersi. Le persone che sostengono le teorie della cospirazione medica hanno meno probabilità di farsi vaccinare o usare antibiotici e hanno maggiori probabilità di assumere integratori a base di erbe o vitamine. Inoltre, sono più probabili le dichiarazioni secondo cui si fiderebbero dei consigli di non professionisti, come amici e familiari.

 

Perché nascono le teorie complottiste – bias cognitivi

 

Le teorie complottiste si fondano sui bias cognitivi.

Ogni individuo può conoscere in prima persona solo un minuscolo frammento del mondo, possiamo solo accettare una grande quantità di informazioni che non possiamo verificare da soli.

 

Le ipotesi e le scorciatoie cognitive (bias psicologia) ( https://stefanorossi.pro/neurocomunicazione/neurolinguistica/) che usiamo per decidere cosa è vero hanno senso la maggior parte delle volte, sono utilissime nella vita quotidiana, purtroppo lasciano campo libero anche alla cattiva informazione, comprese le teorie del complotto.

 

Poiché la maggior parte delle informazioni che assimiliamo tutti i giorni (almeno al di fuori dei social) sono vere, ciò crea un pregiudizio (bias) verso l’accettazione di nuove informazioni, come afferma Nadia Brashier, psicologa e neuroscienziata di Harvard. E sentire più volte un’affermazione la fa sembrare ancora più vera, che è uno dei bias cognitivi più insidiosi.

Anche le persone che riconoscono un’affermazione falsa la prima volta, tendono a ritenerla vera dopo averla vista più volte, dice Brashier.

In effetti, è plausibile presumere che più volte ascolti qualcosa, più è probabile che sia vero. Ma ci sono in molti ambienti come i social, pessimi comunicatori che usano queste scorciatoie per portarci fuori strada.

 

I pattern

Le teorie del complotto sfruttano anche la nostra tendenza a cercare naturalmente schemi e spiegazioni, afferma Karen Douglas, psicologa che studia il pensiero della cospirazione all’Università del Kent. Il rilevamento dei pattern ci serve nella vita di tutti i giorni, dice Douglas: è il modo in cui sistematizziamo il comportamento delle persone. Credere in una falsa teoria del complotto equivale a vedere uno schema che non esiste realmente.

Tali studi rivelano una tendenza umana ad attribuire gli eventi alle azioni intenzionali degli altri piuttosto che al puro caso, dice Douglas.

 

Altri studi mostrano che tendiamo anche a presumere che quando accade un evento smisurato, qualcosa di enorme deve averlo causato. Anche questo alimenta il pensiero della cospirazione.

 

Probabilmente sono in gioco anche fattori sociali ed emotivi. “Le persone sono più suscettibili alle teorie del complotto quando presentano particolari bisogni psicologici”, dice Douglas. “Nello specifico, le persone hanno bisogno di conoscenza e certezza per sentirsi al sicuro, protette e in controllo, e per sentirsi bene con sé stesse e con i gruppi sociali a cui appartengono”. Quando queste esigenze non sono soddisfatte, in confronto alla paura e l’incertezza di una pandemia globale, le teorie del complotto potrebbero sembrare consolatorie, dice Douglas.

 

Si può intervenire per contrastare le teorie complottiste? Si, giocando!

È possibile però intervenire per fermare la diffusione delle teorie del complotto. Giocando!

 

La ricerca mostra che le campagne che promuovono contro argomentazioni alle teorie del complotto possono avere un certo successo nel modificare le convinzioni del complotto. Giochi come Bad News, in cui le persone assumono il ruolo di produttori di fake news, migliorano la capacità delle persone di individuare e resistere alla disinformazione.

 

Per valutare gli effetti del gioco, van der Linden e colleghi hanno reclutato più di 14.000 persone per giocare a Bad News. Prima e dopo aver giocato, ai partecipanti è stato chiesto di identificare la disinformazione all’interno di una selezione di tweet. Giocare ha migliorato la resistenza dei giocatori alle notizie false: quando venivano presentate fake news, erano più propensi a valutarli come inaffidabili. Uno studio di follow-up ha rilevato che l’effetto è perdurato per almeno tre mesi dopo che il gioco si era concluso.

 

Altri modi per ridurre il fenomeno

Per contrastare il fenomeno complottista, Pennycook e altri suoi colleghi hanno sviluppato alcuni modi per spingere le persone a pensare in modo più critico, senza dirgli esplicitamente di farlo. Prendersi un momento di riflessione per contemplare l’accuratezza dei post, ad esempio, ha reso i partecipanti quasi tre volte più esigenti sulla qualità dell’informazione da condividere

 

Anche se i ricercatori si impegnano per sviluppare tali contromisure, riconoscono che l’eliminazione delle false teorie del complotto potrebbe non essere possibile, sembrano essere una parte permanente della condizione umana.

 

Quindi, oltre ad agire per combattere la diffusione del coronavirus, i governi dovrebbero anche agire per impedire che la disinformazione e le teorie del complotto relative al virus sfuggano di mano. Il rischio collegato è troppo elevato per non farlo.

 

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